lunedì 17 ottobre 2011

INFUSIONE ITRAOSSEA

L’infusione intraossea. 
Le recenti linee guida ERC 2010 riconsiderano tale via di accesso, da preferire alla somministrazione di farmaci per via endotracheale ed in tutti i casi in cui non sia possibile infondere farmaci e fluidi attraverso un incannulamento venoso tradizionale.
Tale via di somministrazione è nota da numerosi anni ed è da sempre considerata una tecnica “rescue”, sia nell’adulto che nel bambino, sia per eventi di natura medica che traumatica. 
Attraverso la via intraossea è possibile somministrare qualunque tipo di farmaco e fluido compresi sangue e plasma, ed è possibile eseguire prelievi ematici. L'unica restrizione è da attribuire alla somministrazione di soluzioni ipertoniche.
Rispetto agli accessi venosi tradizionali, la via intraossea ha il vantaggio di essere costituita da una fitta rete vascolare che non collabisce in corso di shock ipovolemico e questo costituisce un enorme vantaggio nei casi in cui la somministrazione di fluidi si renda necessaria ed urgente.
Le sedi di più frequente incannulamento sono:

Nel bambino:
Tibia prossimale e distale
Femore distale

Nell’adulto:

Tibia prossimale e distale               
Sterno                                            
Clavicola
Radio
Pelvi

La velocità di flusso è di 84 ml/min, ma si possono raggiungere i 153 ml/min con sacca a pressione.

I device per l'infusione intraossea:
I dispositivi per l'accesso intraosseo possono essere distinti in almeno tre categorie:
  • Manuali
  • Meccanici
  • Automatici

Qui di seguito viene descritta la procedura da adottare per l'inserimento dell'ago di Cook (dispositivo manuale).

Come individuare i punti d'inserzione:
1) Posizionamento nella tibia prossimale.
Si palpa la tuberosità tibiale prossimale ed il margine mediale della tibia.
Si individua il punto centrale della tuberosità e si inserisce l'ago 1-2 cm distalmente rispetto al punto centrale, nella parte larga e piatta dell'osso.
L'ago dovrà essere rivolto in direzione opposta rispetto al cavo articolare e alla cartilagine di accrescimento, e dovrà essere diretto in direzione distale ed allineato con l'asse longitudinale dell'osso.
2) Posizionamento nella tibia distale.
Si palpa la superficie mediale del malleolo o la superficie mediale della tibia distale.
L'ago andrà inserito sulla superficie mediale della tibia distale in corrispondenza della giuntura larga e piatta del corpo tibiale con il malleolo.
L'ago dovrà essere rivolto in direzione opposta rispetto al cavo articolare ed alla cartilagine di accrescimento e dovrà essere diretto in direzione prossimale ed allineato con l'asse longitudinale dell'osso.


Procedura d'inserimento:
Dopo aver individuato il punto corretto, disinfettare lo stesso con soluzione antisettica.
Se il paziente è cosciente è necessario eseguire una sedazione e praticare anestetico locale nel punto d'inserzione.
Afferrare il dispositivo con il dito pollice e medio collocando il dito indice sulla superficie cutanea, in prossimità del punto d'inserzione.
Esercitare una forte pressione verso il basso, facendo ruotare nel contempo l'ago in senso orario, fino a percepire un modesto calo di resistenza.
A questo punto si rimuove il mandrino a trocar dell'ago, stabilizzando la piastra della cannula dell'ago e facendo ruotare l'impugnatura in senso antiorario per disinserirla.
Si procede alla verifica del corretto posizionamento, effettuando con una siringa una modesta aspirazione.

Il posizionamento è corretto se:
Si aspira midollo osseo frammisto a sangue
Se dopo aver inettato 10-20 ml di soluzione fisiologica non si notano segni di stravaso cutaneo
Nuova aspiarazione di midollo osseo.....................................................


    http://www.emergenzasanitaria.net/miscellanea/l-infusione-intraossea.html

RIANIMAZIONE EXTRAOSPEDALIERA, NO A RESPIRAZIONE ARTIFICIALE

In caso di arresto cardiaco exstraospedaliero, la rianimazione cardiopolmonare (Cpr)- svolta da astanti su indicazioni telefoniche del centro d'emergenza - quando è eseguita solo con compressioni toraciche migliora le possibilità di sopravivenza rispetto al metodo standard che comprende la respirazione artificiale.
Lo sostengono Michael Hupfl, Harald F. Seling e Peter Nagele, del dipartimento di Anestesiologia,cure intensive e terapia del dolore dell'università medica di Vienna, autori di una revisione sitematica con metanalisi degli studi di confronto tra le due tecniche, pubblicati tra il 1985 e il 2010.
Sono stati considerati sia trial in cui i pazienti erano stati randomizzati a ricevere una delle due tecniche, sulla base delle instruzioni telefoniche, sia studi osservazionali di coorte di sola compressione toracica.
Dalla metanalisi primaria sui dati raggruppati di tre trial randomizzati è risultato che la rianimazione con sole compressioni toraciche è associata a una migliore possibilità di sopravvivenza rispetto alla tecnica standard ( 14% vs 12% ), con un incremento assoluto di vite salvate del 2,4%.
Anche se nessuno dei tre studi a raggiunto la significativa statistica, probabilmente per inadeguata potenza statistica, l'evidenza della superiorità delle sole compressioni toraciche è giudicata robusta dagli autori.
Nell'altra metanalisidi sette studi osservazionali non si sono invece rivelate differenze tra le due tecniche (8% vs 8%); si fa notare che, in questo caso, non si sono valutate Cpr assistite da esperti e che i soccorritori avevano deciso di rinunciare alla respirazione autonomamente.
Una compressione toracica e constante di alta qualità è molto importante per la perfusione coronarica e il successo della Cpr, sostengono i tre ricercatori, ed evitando la ventilazione si riduce il tempo di mancata pressione delle mani.
Pertanto le instruzioni ai soccorritori di un adulto in arresto cardiaco dovrebbero focalizzarsi solo sulle compressioni toraciche.


DA: IL NUOVO ANSTESISTA   Anno XXXII - Numero 4 - Aprile 2011